TRAVAGLIO: LA DISCUSSIONE SUL CONFLITTO D'INTERESSI? UNA FINTA BATTAGLIA SUL NULLA, UNA BUFFONATA

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INES TABUSSO
00giovedì 30 marzo 2006 22:59


"A Ferrara dico: avete già visto che cosa è successo nella scorsa legislatura, niente. Dunque fidatevi, anche questa volta Berlusconi non sarà toccato".

"fosse per Prodi il conflitto d’interessi berlusconiano verrebbe risolto radicalmente, ma gli azionisti di maggioranza dell’Unione non lo lasceranno fare"

"D’Alema e Fassino non fanno passi indietro perché non hanno mai fatto passi avanti. La loro sarà una pagliacciata, devono fingere d’intervenire perché sennò la gente va a prenderli sotto casa. Ma quando parlano di blind trust vuol dire che non hanno intenzione di stabilire incompatibilità tra l’impegno politico di Berlusconi e il suo possesso di televisioni e giornali. Sono talmente comunisti e poco liberali da pensare che Mediaset sia un bene del paese e non di Berlusconi. Quando il Cavaliere disse: vendo a Murdoch, a sinistra risposero: non lo faccia, per carità, così arrivano gli stranieri. I Ds non hanno nessuna voglia di scontrarsi e fa loro comodo trovarsi di fronte a un grande conflitto d’interessi per crearsene uno più piccolo, come hanno tentato di fare nell’estate scorsa con l’affare Unipol-BnlL’unica posizione seria è quella che obbliga Berlusconi all’ineleggibilità. Invece l’inciucio prosegue e io mi chiedo se la manfrina di casa Letta avrà una scadenza".





CORRIERE DELLA SERA
30 marzo 2006
Conflitto di interessi, l’Unione si divide
Pasquino: no a leggi che vietino a Berlusconi di candidarsi. Ceccanti: rinviamo l’applicazione

ROMA - Una priorità ineludibile o una delle grane più terribili da risolvere appena arrivati al governo? Il centrosinistra si divide sul futuro politico di Silvio Berlusconi. E Giuliano Ferrara ne approfitta per mettere il dito nella piaga dell’Unione: «Niente leggi vendetta sul conflitto di interessi», ha chiesto il Foglio in un appello a Romano Prodi. E il dibattito a dieci giorni dal voto è già infuocato. La domanda sembra banale: può Silvio Berlusconi fare il leader dell’opposizione o addirittura essere eletto deputato se non vende le sue aziende? Sull’ Unità Gianfranco Pasquino spiega che «qualsiasi legge sul conflitto di interessi dovrebbe comunque consentire a Berlusconi di continuare a fare il parlamentare». Ma come poi può questa futura legge evitare il conflitto in modo efficace senza essere un provvedimento ad hoc contro l’eventuale capo dell’opposizione, è argomento aggrovigliato. «Infatti - argomenta il costituzionalista ds Stefano Ceccanti - le leggi sulle regole dovrebbero essere fatte insieme da maggioranza e opposizione, l’alternativa secca tra la vendita delle proprietà e l’ineleggibilità non risulta efficace e difficilmente il centrodestra vorrà discutere di questa legge». E allora? Per Ceccanti una proposta per rispondere «alla trovata propagandistica di Ferrara» potrebbe essere questa: si rinvia l’entrata in vigore delle norme per chi sta all’opposizione al 2011, quando Berlusconi sarà probabilmente fuori dalla politica o comunque saprà in anticipo quali sono le regole, mentre per chi è al governo, la legge varrà da subito: «In questo modo se il centrodestra si dovesse opporre alla discussione, sarebbe strumentale». A riaprire il dibattito, prima del corsivo di Ferrara, era stato Massimo D’Alema in un’intervista a Panorama la settimana scorsa in cui consigliava a Berlusconi di vendere ai figli e continuare a far politica. Un’idea che fa inorridire Marco Travaglio, editorialista dell’ Unità : «È una finta battaglia sul nulla, una buffonata. A Ferrara dico - aggiunge ironico -: avete già visto che cosa è successo nella scorsa legislatura, niente. Dunque fidatevi, anche questa volta Berlusconi non sarà toccato».
Vede nero anche il diessino Stefano Passigli, grande esperto del tema: «L’occasione ci fu dopo la Bicamerale, con il governo D’Alema, ma non se ne fece nulla: adesso, dopo dieci anni, è difficile imporre un provvedimento. Si potrebbe ricorrere ad un’Authority ad hoc che valuterebbe caso per caso, senza punizioni non giustificate. Una liberalizzazione dell’informazione sarebbe poi molto importante per ridurre il peso del fardello berlusconiano». Ma anche questa soluzione non è meno problematica.
Gianna Fregonara



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IL FOGLIO
30 marzo 2006
Interessi in conflitto
I girotondini non cedono, il Cav. è incompatibile con la politica tout-court
Colombo: “Si faccia come in America”, Pancho Pardi: “Abbiamo pronta nel cassetto un’iniziativa formidabile”
Roma. Al confronto D’Alema e Fassino sembrano Bondi e Cicchitto. Paragonati a Furio Colombo, per esempio, che si candida con i Ds e non è un girotondino però promette questo al Foglio e ai propri elettori: “Appena entrato in Parlamento, non mi toglierò il cappotto – sempre che non faccia troppo caldo – prima d’aver depositato una proposta di legge sul conflitto d’interessi che renda incompatibili la proprietà di mezzi di comunicazione come Mediaset e qualsiasi ruolo di governo. A senso, non mi spingerei fino a chiedere l’ineleggibilità ma aspetto che un giurista mi spieghi bene la materia”. Questo intende fare, “per quel poco che conto”, l’ex direttore dell’Unità mentre ascolta come tutti le dichiarazioni con le quali i Massimo D’Alema e Piero Fassino assicurano che un’eventuale maggioranza di centrosinistra non obbligherà Silvio Berlusconi a vendere la propria azienda (anzi D’Alema ha perfino consigliato al Cav. di cedere tutto ai figli). Invece per Colombo “nei paesi civili non si può essere insieme proprietario dei mezzi di comunicazione non statali e di quelli statali su licenza della presidenza del Consiglio. La nostra è una situazione unica al mondo insieme con i casi della Russia di Putin, in cui l’Enzo Biagi di turno viene arrestato, e della Thailandia che è un paese in rivolta”. Precisazione ulteriore: “Quanto ai diritti civili e politici di Silvio Berlusconi, essi devono rimanere intatti compatibilmente con gli interessi degli altri cittadini”. Spiegazione: “E’ inaccettabile che una limitazione dei suoi privilegi sia considerata come una privazione di diritti. La sua proprietà delle televisioni è libera e totale fino a che non mi governa”. Il fatto che la dirigenza diessina la pensi diversamente non ispira in Colombo sentimenti polemici perché viene scavalcato dalla proposta di legge che lui sta elaborando “per importare la cultura di quella società di fatto che è l’America nella società di diritto europea”. Poi c’è Francesco Pancho Pardi che è un leader dei girotondini e da due giorni ha inviato all’Unità un articolo di replica all’appello promosso dal Foglio affinché il Cav. non venga espropriato delle sue proprietà o del diritto alla politica. “L’articolo dovrebbe uscire oggi – dice Pancho Pardi – e la notizia è che promuoveremo una legge d’iniziativa popolare per rendere ineleggibile Silvio Berlusconi. Sarà un’iniziativa formidabile di pressione civile”. Scontato secondo loro che il Cav. non possa più candidarsi a Palazzo Chigi, i girotondini cercheranno di “tornare alla lettera di una legge del 1957 che, se applicata, avrebbe impedito fin dall’inizio a Berlusconi di presentarsi agli elettori”.

Neanche capo dell’opposizione
Pardi non si stupisce dell’atteggiamento “accomodante e indolore” dei Ds: “Mi aspettavo questo riflesso di Pavlov, loro credono che, una volta vinte le elezioni, non ci sia più bisogno d’intervenire sul conflitto d’interessi berlusconiano; oppure che basti una cessione in famiglia di Mediaset per sanare una grave ferita istituzionale”. Invece no, i girotondini non resteranno inerti, ne stanno già dibattendo (“l’altroieri in Lunigiana”) e insomma nessuno creda che con l’Unione al governo si addormenterà la loro girotondeggiante vigilanza: “Non aspettiamo altro per ricominciare a muoverci, è la nostra leva principale d’intervento per dire all’Europa che anche da noi i proprietari di mezzi di comunicazione sono ineleggibili. Certamente sono incompatibili con l’esercizio del governo, ma a giudicare dalla crescente importanza dei media direi che non possono neppure stare a capo dell’opposizione. Devono stare fuori dalla politica”.
Poi c’è Marco Travaglio che è il più disincantato di tutti e ha una memoria contundente che trasferisce nei libri e utilizza per colpire i vertici diessini: “D’Alema e Fassino non fanno passi indietro perché non hanno mai fatto passi avanti. La loro sarà una pagliacciata, devono fingere d’intervenire perché sennò la gente va a prenderli sotto casa. Ma quando parlano di blind trust vuol dire che non hanno intenzione di stabilire incompatibilità tra l’impegno politico di Berlusconi e il suo possesso di televisioni e giornali. Sono talmente comunisti e poco liberali da pensare che Mediaset sia un bene del paese e non di Berlusconi. Quando il Cavaliere disse: vendo a Murdoch, a sinistra risposero: non lo faccia, per carità, così arrivano gli stranieri. I Ds non hanno nessuna voglia di scontrarsi e fa loro comodo trovarsi di fronte a un grande conflitto d’interessi per crearsene uno più piccolo, come hanno tentato di fare nell’estate scorsa con l’affare Unipol-Bnl”. Secondo Travaglio, “fosse per Prodi il conflitto d’interessi berlusconiano verrebbe risolto radicalmente, ma gli azionisti di maggioranza dell’Unione non lo lasceranno fare”. Travaglio si produce anche in una genealogia dell’inciucio: “Vige ancora il patto di casa Letta, Gianni Letta, rivelato da Luciano Violante in Parlamento il 28 febbraio 2002”. In quella occasione, durante una discussione sul conflitto d’interessi, “Violante rassicurò Anedda di An invitandolo a consultare l’onorevole Berlusconi cui era stata data garanzia piena che non sarebbero state toccate le sue televisioni”. L’assicurazione – Travaglio lo spiega in un capitolo del suo libro “Inciucio” (è intitolato “Querciaset”) – risalirebbe appunto “a una cena tra il Cavaliere e D’Alema consumata nella sala da pranzo di Letta dopo la caduta del primo governo Berlusconi. Come ammise D’Alema medesimo nel gennaio del 1995 in un programma di Funari”. “L’unica posizione seria – conclude Travaglio – è quella che obbliga Berlusconi all’ineleggibilità. Invece l’inciucio prosegue e io mi chiedo se la manfrina di casa Letta avrà una scadenza”.
In coda c’è il senatore dei Ds Stefano Passigli. Lui nel 2001, a poche settimane dalle elezioni, mentre l’Ulivo declinante cercava di riscrivere la legge sul conflitto d’interessi nella commissione Affari costituzionali del Senato, cercò di far passare il principio dell’ineleggibilità-incompatibilità. Oggi Passigli sostiene d’avere tra le mani “una formula risolutiva già esplorata in privato con alcuni politici di centrodestra che sarebbero d’accordo: “Però non gliela dico adesso dal momento che ho deciso di rivelarla domani in tv a Otto e mezzo. Al momento il senatore conferma che per la sinistra “è impossibile lasciare la legge Frattini così com’è. Ma bisogna fare una disciplina generale, legiferare senza prendere spunto dall’anomalia berlusconiana. Una proposta è quella già firmata nel 2002 da Fassino, Rutelli e dai capigruppo del centrosinistra: non obbliga alla vendita patrimoniale, lascia che sia un’Authority a valutare caso per caso”. Quella proposta non ammette la cessione del patrimonio ai famigliari. “Perché non risolverebbe il conflitto”. D’Alema ha detto che il Cav. può cedere tutto ai figli. “Era un modo di dire”.



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LA7:
A 'OTTO E MEZZO' SI PARLA DI CONFLITTO DI INTERESSI
'Proprietario e politico: si puo'?'. Si puo' essere proprietario di piu' mezzi di comunicazione di massa e fare il politico? Il conflitto d'interessi sara' al
centro di 'Otto e Mezzo' alle 20:30 su La7.
In studio: Stefano Passigli (Democratici di Sinistra) e Federico Orlando (condirettore Europa). Da Milano: Piero Ostellino (Corriere della Sera). Da Torino: Sergio Ricossa (economista).

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