FIORANI: LE MIE DICHIARAZIONI APPAIONO INVEROSIMILI ANCHE A ME

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INES TABUSSO
00sabato 17 dicembre 2005 00:15
LA REPUBBLICA
16 dicembre 2005

Le ammissioni di Fiorani:
"Sì, ho preso quei soldi"
i verbali
Il denaro delle operazioni illecite serviva per pagare persone esterne alla banca. Ma anche per comprare la villa di Cap Martin
gli ispettori
Un premio di 300mila euro accreditato alla moglie di Brancher è stato poi girato sul conto del marito per chiudere un debito
LUCA FAZZO, MARCO MENSURATI

La confessione del banchiere lodigiano negli interrogatori prima dell´arresto: le mie dichiarazioni paiono inverosimili anche a me

MILANO - «L´associazione a delinquere è tuttora operante», «la rete di complici di Fiorani è ancora intatta». Sono queste le frasi principali delle motivazioni con cui la Procura di Milano, il 28 novembre scorso, ha chiesto al giudice per le indagini preliminari Clementina Forleo l´arresto di Gianpiero Fiorani e dei suoi quattro complici.
È un documento, quello firmato dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai sostituti procuratori Eugenio Fusco e Giulia Perrotti, conciso e analitico che, a volte anche in maniera quasi brutale, approfondisce e spiega le parole utilizzate dal giudice nel mandato di cattura. Dentro c´è di tutto: le parole con cui lo stesso Fiorani ha spento la luce sulla sua carriera di banchiere di serie A, aprendosi da solo le porte di San Vittore, quelle degli ispettori di Bankitalia, un po´ increduli, un po´ indignati, un po´ spaesati e imbarazzati per via del ruolo, non certo marginale, ricoperto nelle varie malefatte, dall´Istituzione. Ma c´è anche dell´altro: ci sono i politici lobbysti, i clienti della banca truffati, i morti derubati.
L´ORIGINE Tutto comincia con l´operazione Adamas, 1998. «Già prima dell´acquisto della banca Adamas - scrivono i pm - Fiorani aveva utilizzato la Svizzera per condurre operazioni riservate che avevano anche generato, per lui, ingenti profitti; tuttavia l´accordo illecito si consolida e diventa sistematico dal momento dell´acquisizione della banca elvetica, quando, nonostante, l´evidenza di enormi criticità ed illiceità nella precedente gestione, Fiorani, oltre a chiedere una "tangente", decide di lasciarne sostanzialmente il controllo a Conti e Marmont (due degli arrestati, ndr) e ai loro uomini, per poter più agevolmente realizzare affari illeciti nella "sua" banca e trasferire i profitti nella struttura messagli a disposizione dai soci italo-elvetici».
LA RETE Dall´acquisizione di Adamas in poi è un escalation. Che porta alla situazione di oggi: «La consolidata rete di rapporti illeciti costruita nel tempo non è stata neppure scalfita dalle dimissioni di Fiorani e Boni, che possono ancora contare su consiglieri di amministrazione e sindaci, direttori centrali e dirigenti, che in tutti questi anni hanno collaborato e/o coperto le loro attività e che ora possono essere prontamente utilizzati per chiudere tutte le operazioni illecite ancora aperte. L´associazione a delinquere è tuttora operante, in quanto devono, da un lato, essere ancora spartiti gli utili e, dall´altro, protetti i sodali non individuati (si pensi al ruolo dei "concertisti" e alle protezioni di cui Fiorani ha goduto nel tempo così come agli impieghi della "cassa nera" la cui esistenza lo stesso Fiorani ha ammesso)».
LE AMMISSIONI DI FIORANI «Le mie dichiarazioni appaiono inverosimili anche a me». Dal testo della richiesta di arresto si scopre che nel corso dei tre interrogatori cui è stato sottoposto prima di finire in carcere, Fiorani ha modificato progressivamente la sua versione dei fatti. Fino ad ammettere di avere creato con i fondi sottratti a Bpl una cassa "nera" utilizzata per arricchimento personale per distribuire quattrini a personaggi esterni alla banca. Un meccanismo che si riprometteva di replicare in grande - rastrellando, secondo la Procura, almeno duecento milioni di euro - anche in occasione della scalata Antonveneta.
Ad incastrare Fiorani è la testimonianza del suo collaboratore Silvano Spinelli, finito ora agli arresti domiciliari. I pm chiedono a Spinelli: è vero che lei ha gestito le posizioni di alcuni clienti della Bpi i quali le retrocedevano parte dei guadagni conseguiti? «Sì è vero, con alcuni clienti mi ero accordato perché questi mi retrocedessero in contanti parte dei guadagni che Boni (direttore finanziario, arrestato, ndr) faceva conseguire investendo in titoli. In particolare tali clienti mi retrocedevano almeno il 40 per cento del guadagno, consegnandomi il denaro contante che spartivo con Fiorani e Boni. I clienti prelevavano il denaro contante e me lo consegnavano in ufficio. Era stato Fiorani a suggerire di sondare questi clienti per verificare se fossero disposti a dividere gli eventuali guadagni che noi potevamo fare avere loro. Posso dire solo che quello che noi abbiamo guadagnato era utilizzato per arricchimenti personali».
A quel punto viene interrogato Fiorani che dichiara: «Prendo atto delle dichiarazioni rese da Spinelli e le confermo. Immagino che come era avvenuto in precedenza avremmo anche diviso eventuali plusvalenze relative all´operazione Antonveneta». Poi cerca di dare una spiegazione un po´ vaga dell´utilizzo dei quattrini: «Spinelli utilizzava questo denaro per sistemare alcune posizioni delicate di cui non ricordo l´entità né il nome». I pubblici ministeri incalzano, chiedono cosa Fiorani intenda dire, a quel punto il banchiere fa retromarcia: «Preciso che in effetti si trattava di un sistema per creare una sorte di cassa nera. Ho bisogno di riflettere per indicare le esatte utilizzazioni di questa cassa. Effettivamente quello che ho dichiarato fino adesso, che utilizzavamo questo nero per sistemare delle operazioni incagliate, come appare inverosimile alla Signoria Vostra appare inverosimile anche a me. Prendo atto che un teste ha riferito, che in occasione di un pagamento riservato a persona esterna alla banca, io lo abbia indirizzato da Spinelli per farsi dare del contante e dichiaro che la circostanza potrebbe essere verosimile. Tuttavia in questo momento non riesco, anche a causa della fatica di questo lungo interrogatorio, ad essere più preciso».
La "cassa nera", dunque, veniva utilizzata anche per pagamenti a personaggi esterni alla banca di cui Fiorani dice di non ricordare nomi e dettagli. Ma ammette anche che molti dei quattrini erano destinati al suo arricchimento personale, e venivano investiti in business azionari e affari immobiliari, come le due ville faraoniche in Sardegna e in Francia. La villa di Cap Martin è intestata ad una società ombra, in realtà Fiorani ammette di esserne il proprietario: «La Liberty è una mia società con la quale ho proceduto all´acquisto della villa di Cap Martin. L´operazione è avvenuta nel seguente modo: avevo raggiunto un accordo con Gnutti perché lui mi retrocedesse una parte degli utili che avrebbe conseguito sui bond della Kamps che gli avevo fatto avere. Decidemmo di comune accordo la cifra in circa tre milioni di euro. Sono stato io a proporre a Gnutti l´operazione Kamps perché sapevo che lui era interessato all´acquisto di titoli particolarmente redditizi. Ovviamente l´operazione prevedeva un riconoscimento per me per averla costruita a quel modo».
Stesso sistema per comprare la residenza in Sardegna: «Villa Alberta è mia. La società ha ottenuto un finanziamento di un milione e mezzo dalla Bpl del quale mi sono occupato personalmente. Il conto Gattuccio è stato utilizzato per pagare la parte in nero della villa in Sardegna, costata complessivamente 3,5 milioni di euro». E il conto Gattuccio fa parte della lunga serie di conti dove Fiorani e i suoi complici facevano approdare le regalie - ma forse bisognerebbe parlare di tangenti - che i clienti privilegiati della banca erano costretti a versare loro. «Sul conto Gattuccio - ammette Fiorani - le perdite le copriva Besozzi mentre i guadagni venivano divisi formalmente con Spinelli e sostanzialmente anche con me»
I TESTIMONI D´ACCUSA
Nella richiesta di arresto compaiono ampi stralci anche delle dichiarazioni dei due manager di Bpi divenuti testimoni a carico di Fiorani, Egidio Menclossi e Donato Patrini. Dice Patrini: «Su specifica richiesta di Gianpiero Fiorani sul finire del 2000 ho aperto presso la Pkb il conto Strozzi. Fiorani mi disse che non poteva avere in Svizzera conti a lui riconducibili in quanto c´erano in corso indagini sulla scalata alla Banca Popolare di Crema. Il Fiorani non mi disse immediatamente per quali operazioni sarebbe servito il conto ma si limitò a sostenere la necessità generica di avere un conto all´estero "coperto"». Interrogato sul punto, Fiorani ammette di avere realizzato un gigantesco insider trading: «Effettivamente il primo investimento è stato in azioni Kamps dove abbiamo approfittato della conoscenza che avevamo sulla futura Opa di Barilla che seguivamo come banca». Mentre Menclossi racconta tra l´altro della robusta stecca versata su ordine di un collaboratore di Fiorani, Attilio Savarè, in occasione dell´acquisizione della Banca Popolare di Forlì: «Savarè mi chiese di aprire un conto all´allora presidente di detta banca e di accreditarlo di 200mila franchi svizzeri».
I SOLDI PER BRANCHER Nella richiesta di cattura ci sono anche le dichiarazioni degli ispettori di Banca d´Italia che analizzano ad una ad una le varie operazioni fatte nel tempo dai prestigiatori di Lodi. Ci sono quelle che riguardano l´onorevole Luigi Grillo e quelle che riguardano l´onorevole Ivo Tarolli, ma quella più precisa di tutte è quella che riguarda Aldo Brancher, parlamentare di Forza Italia, sottosegretario alle Riforme, e sua moglie Luana Maniezzo. A raccontarla è l´ispettore Ferdinando Cutino: «Tra la metà del 2002 e la fine del 2004, la Maniezzo ha ricevuto un premio di 300 mila euro derivante dalla vendita di un´opzione da parte della banca. Tale premio insieme con altri 100 mila euro di cui ora non ricordo la provenienza sono stati girocontati sul conto del marito Aldo Brancher per estinguere una posizione debitoria sorta a seguito della escussione di una garanzia da questi rilasciata a favore della Plastecopack. La Maniezzo ha ancora una posizione in Otc aperta. Non mi ricordo né il tipo né il sottostante ma mi riservo di comunicarlo. Su questa vicenda abbiamo chiesto al servizio di auditing interno della banca di redigere una relazione. Tale relazione, che descrive dettagliatamente quanto è avvenuto, è agli atti della banca».

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l´INCHIESTA
Sottratti fino a 30 euro a conto per ripianare le perdite della banca
Dopo gli arresti, via agli interrogatori, domani tocca a Fiorani. Il titolo Bpi crolla in Borsa
Bpi, un milione i truffati
Domani l´interrogatorio dell´ex ad di Lodi
La frode: 30 euro per 1 milione di correntisti
L´ammissione del direttore generale dell´istituto, Gronchi A Piazza Affari nuovo crollo delle quotazioni del titolo: -7,4%

MILANO - Un milione di clienti truffati. Sui conti di ciascuno di essi alla Banca Popolare Italiana, sono stati addebitati fino a 30 euro, sotto forma di spese straordinarie, per spalmare le perdite delle spericolate operazioni finanziarie della banda Fiorani. Lo ha ammesso il direttore generale della Bpi Divo Gronchi, che ha spiegato però che «già nel gennaio 2005 sono stati restituiti alla gran parte dei risparmiatori e comunque li restituiremo a quanti ne faranno richiesta».
Ma l´associazione dei consumatori Altroconsumo sta valutando l´avvio di possibili cause legali contro la banca lodigiana. E segnala che secondo le indicazioni ricevute da alcuni correntisti, le spese ingiustificate in alcuni casi supererebbero i 30 euro. Viene quindi chiesto «il rimborso immediato di quanto indebitamente sottratto ai correntisti».
Secondo Gronchi, l´addebito massimo di 30 euro caricato sui risparmiatori correntisti della Banca Popolare Italiana è stato reralizzato tra la fine del 2004 e inizio del 2005. Altra cosa, ha spiegato il direttore generale, sono le operazioni realizzate dagli allora vertici della banca sui conti dei cosiddetti clienti privilegiati attraverso i quali transitavano le operazioni illecite. «Alcuni clienti - ha spiegato - erano compiacenti e si prestavano a operazioni finanziarie, altri clienti che avevano un rendimento garantito del 6%, cifra fuori mercato, venivano utilizzati inconsapevolmente dalla direzione finanza d´allora per operazioni». Gronchi ha poi spiegato che il lavoro di verifica interna sta continuando ma che al momento non risulta la circostanza che siano stati sottratti fondi dai conti dei clienti deceduti.
Intanto, sul fronte dell´inchiesta giudiziaria, dopo gli arresti, sta per scattare l´ora degli interrogatori. Si comincia oggi: il gip Clementina Forleo andrà a San Vittore per l´interrogatorio di garanzia di Fabio Massimo Conti, gestore del fondo Victoria Eagle. Ma la giornata che potrebbe segnare una svolta nell´inchiesta Antonveneta è domani: in mattinata Forleo tornerà a San Vittore per sentire l´ex direttore della banca lodigiana, Gianfranco Boni. Nel pomeriggio invece toccherà all´ex numero uno di Bpl, Gianpiero Fiorani. A quanto si è saputo agli interrogatori saranno presenti anche i pubblici ministeri Eugenio Fusco e Giulia Perrotti. Ieri, mentre a Piazza Affari crollavano le quotazioni della Banca Popolare Italiana (meno 7,41 per cento), in Procura due ispettori di Bankitalia sono stati ascoltati come persone informate sui fatti.
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