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Un locale mitico: il Palladium di New York!

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2007 09:30
16/11/2007 09:30
 
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Merenguero Mayor
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Negli anni '40 il più famoso locale da ballo di New York era il Palladium, un'enorme sala situata a Broadway, la mitica zona dei teatri e della musica.
Dopo anni di splendore il Palladium aveva però imboccato la via del tramonto ed erano sempre meno le coppie di bianchi americani che andavano lì per cimentarsi nei balli più alla moda. All'epoca il locale apparteneva a Maxwell Hyman, un impresario di origine ebrea che con grande passione stava cercando di rilanciare l'immagine del locale. Per prima cosa Hyman creò all'interno del locale una scuola di ballo, l'Alma Dance Studio, e contemporaneamente affidò la gestione del Palladium ad un impresario americano, un certo Moore, che godeva di ottime amicizie nel mondo della musica latina. Moore fu il primo a rendersi conto dell'esigenza di trasformare il vecchio Palladium. Fiutando il cambiare dei tempi, intuiva che il mambo avrebbe potuto riportare il glorioso locale agli splendori del passato. L'idea era interessante ma senza dubbio rischiosa, considerata la pessima fama che godeva la comunità latino americana. All'epoca una sola orchestra latina, sfidando il razzismo imperante, era riuscita a presentarsi con successo nei maggiori locali di Broadway. Si trattava dell'orchestra Machito y sus Afrocubans, diretta dal maestro Mario Bauzà.
Moore, su consiglio dell'ex direttore del Conjunto Ritmo, l'italo-americano Fernando Pagani, entrò in contatto proprio con Mario Bauzà. che suggerì di creare all'interno del Palladium un vero e proprio club, il Blen Blen club, col fine di dare vita, la domenica pomeriggio, alle prime matinées danzanti dedicate alla musica latina. L'esito fu superiore a qualsiasi aspettativa. La comunità latino-americana rispose con entusiasmo all'appello degli organizzatori, colorando con la sua allegria il magico Palladium. Travolti da questo incredibile successo, gli organizzatori decisero di estendere l'esperienza del Blen Blen club anche al mercoledì sera. Nel giro di un anno il Palladium era definitivamente consacrato ai ritmi caraibici.
La febbre del mambo, così ben descritta dal cubano Oscar Hijuelos nel libro «I Mambo Kings suonano canzoni d'amore» (dal quale è stato tratto il film «The Mambo Kings»), contagiò tutta la città, favorita anche dall'interesse dei mass media che, attratti dalla licenziosità del nuovo ballo, cominciarono a guardare con estremo interesse i fermenti provenienti dall'emisfero latino-americano. Questo entusiasmo coinvolse non soltanto la comunità latina, ma un po' tutte le comunità presenti nella capitale del nuovo mondo: da quella ebrea, a quella irlandese a quella italiana. Fu proprio in quegli anni che il Palladium si impose, insieme alla Conga e al Copacabana, come uno dei templi più importanti della musica latina a New York. Spesso vi si affacciavano grandi musicisti come il pianista Duke Ellington e il sassofonista Charlie Parker, oppure celebri star del cinema e della cultura come Allen Ginsberg, Marlene Dietrich, Sammy Davis. Non di rado lo stesso Marlon Brando si lanciava a suonare i tamburi con l'orchestra del grande Machito.
Le prime orchestre a dividere il palco del Palladium con gli Afrocubans di Machito furono i Piccadilly Boys, del timbalero Tito Puente, e i Mambo Devils, guidati dal celebre cantante Tito Rodrìguez. I duelli musicali fra i due portoricani divennero mitici. Puente, grazie alla sua abilità di timbalero si conquistò in quegli anni ruggenti il meritato appellativo di el rey del timbal, mentre Rodrìguez, grazie alla versatilità della sua voce, si convertì nell'idolo incontrastato della comunità latina.

Fu proprio nel Palladium che nacquero le prime leggende del ballo latino: i Mambo Aces (un duo formato da Anibal Vasquez e Joe “Tinani” Centeno), Ernie Ensley, Louis Maquina, Killer Joe Piro, Cuban Pete, Jo Jo Smith, Freddy Rios, Mike Ramos. Erano loro i leader incontrastati di questo innovativo ballo che risentiva moltissimo dell’influenza dello swing, in particolare della tap dance. Non ci trovavamo più davanti ad un conturbante ballo di coppia, ma ad una vera e propria sfida di virtuosismo che prevedeva per ogni ballerino dei lunghi assoli, basati su passi articolati che verranno battezzati mambo shines, con particolare riferimento alle scarpe sempre luccicanti dei ballerini.
Louis Maquina, uno dei più grandi ballerini di quell’epoca, ricordava ultimamente in una intervista la magica atmosfera di quei tempi: l’entusiasmo contagiante, la cura nel vestire di tutti i grandi ballerini, capaci alle volte di lanciare persino delle vere e proprie mode che poi tutti si sforzavano di seguire. Molti di quei ballerini non avevano una reale preparazione accademica. Spesso venivano dalla strada, ma avevano fantasia e creatività da vendere e proprio alla loro genialità si deve uno dei motivi del successo dell’era Palladium.
Ernie Ensley, altro famoso ballerino di mambo, in una intervista pubblicata da Vernon Boggs nel libro “Salsiology”, così ci ricorda:
“All’epoca la pista da ballo del Palladium era divisa in tre settori: a destra c’erano i ballerini inesperti, al centro quelli mediocri e sulla sinistra quelli bravi. Quando qualcuno cercava di invadere il campo di non sua appartenenza veniva ributtato fuori a forza di calci e gomitate.”


Col tempo però anche le favole più belle finiscono e così nel 1964 il mitico Palladium chiude i battenti. Il locale era ormai arrivato ai suoi minimi storici, la febbre del mambo sembrava essersi esaurita ed il locale non era più frequentato dalle grandi stelle del cinema e della moda. L’ambiente si era molto degradato e negli ultimi anni numerosi erano stati gli incidenti e le risse tra ubriachi, al punto che gli era stata persino ritirata la licenza per la vendita dei superalcolici. I proprietari del locale decisero così di vendere l’immobile e oggi niente resta di quel glorioso locale il cui ricordo è rimasto però indelebile nella storia della musica latina.

Enzo Conte
Zorro


L'unica saggezza che possiamo sperare di acquistare è la saggezza dell'umiltà. (Eliot)

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