Sull'argomento c'è molta confusione e ciò è giustificato dal fattoche manca in Italia una mormativa sull'eutanasia, sull'accanimento terapeutico e sul diritto a rifiutare le cure.
Allo stato attuale l'eutanasia è in Italia illecita (nel senso di eutanasia attiva come ad esempio potrebbe essere un'iniezione letale)
Altro argomento è quella che con un termine improprio viene chiamata eutanasia passiva, ma che in realtà non è vera e propria eutanasia. L'"eutanasia passiva" cnsisterebbe nell'omettere (quindi senza un comportamento attivo) un trattamento che sarebbe inutile perchè protrarrebbe artificialmente una vita (che per alcuni vera vita non è) senza alcuna speranza di un miglioramente delle condizioni del paziente in cosiddetto "stato vegetativo permanente". Trattamenti del genere infatti sfocerebbero nell'accanimento terapeutico. E su questi aspetti la normativa è mooolto carente.
Casi emblematici sono stati Welby ed Englaro. Nel primo caso il consenso è stato validamente prestato e l'art. 32 comma 2 della costituzione dice che nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario se non per legge. Nel secondo no, perchè la donna è in stato vegetativo permanente da 15 anni e il padre vorrebbe si staccasse il sondino nasogastrico che la alimenta artificialmente.
Capisco che la chiesa e con lei i credenti non possono essere d'accordo, ma devono accettare che ci sono persone che (come è stato detto, non me ne voglia el centauro, con un'espressione poco felice) ritengono di avere un diritto di proprietà sulla loro vita, perchè atei, agnostici o credenti di altre religioni.
A mio avviso bisognerebbe formulare un'apposita legge che ponga fine all'incertezza che regna sul punto, valorizzando il rifiuto (informato e immune da vizi) del paziente a sottoporsi a cure che artificialmente ed inutilmente possano protrarre una vita solo vegetativa, rifiuto eventualmente dato prima con testamento biologico.
[Modificato da -lolita- 08/03/2008 18:52]
lola